Nietzsche

"Il soggetto e la maschera"- Interpretazione della filosofia di Nietzsche di Gianni Vattimo-

Il filo conduttore della maschera:

Il filo conduttore di questa lettura di Nietzsche è il concetto di maschera. Il termine non ricorre nell’opera nietzscheana  così spesso come gli altri, ma  adesso si possono riportare molti altri concetti, come quelli di finzione, illusione, verità divenuta favola, che vengono adoperati in generale per definire e discutere il problema del rapporto dell’uomo con il mondo dei simboli.  Scegliere la maschera come filo conduttore non vuol tuttavia dire riconoscere senz’altro la filosofia di Nietzsche come una filosofia della maschera.

Il problema della maschera è il problema del rapporto tra essere e appartenza.

L’approccio alla civiltà come maschera, che Nietzsche imposta nella “Nascita della tragedia” e nelle opere vicine, può a ben diritto essere assunto come motore centrale del suo itineario speculativo, dalle orignarie riflessioni sui greci fino alla nozione di Superuomo e alla volontà di potenza.

Il problema del rapporto essere-apparire, centrale in tutta la storia della filosofia e, soprattutto, caratteristico per ogni filosofia che voglia essere, come certo Nietzsche vuole sia la sua, “ Tragica”,è quello intorno a cui si costituisce tutto il suo pensiero.

Rapportandosi alla visione classica, egli non  intende più il rapporto tra essere e apparire  come modello o come esemplare coincidenza tra interno ed esterno, ma, invece, come divergenza, come una forma di maschera. Tuttavia non considera negativamente questa maschera, come se fosse un nascondiglio della realtà, finzione, bensì come se fosse l’unica verità.

 Perché nasce la maschera.

Secondo Nietzsche l’uomo del suo tempo non riesce a creare un equilibrio coerente tra forma e contenuto e quindi, inevitabilmente, la forma appare come una sorta di travestimento, assunto solo per necessità, senza che gli appartenga veramente..

Il bisogno dell’uomo moderno infatti è quello di affrontare una paura, una debolezza, quella di assumersi responsabilità storiche, derivata dalla troppa consapevolezza degli eventi passati; problematica che il filosofo affronta ne L’utilità e il danno della storia per la vita, dove distingue tre tipi di storia: quella antiquaria, che è un fardello, in quanto ci rivolgiamo alla storia tentando di conservare il passato senza rivolgervi alcuno sguardo critico; quella monumentale, che provoca il senso di inadeguatezza rispetto alle azioni dei grandi del passato e che è proprio quella che paralizza l’uomo, intimorito dal confronto; e infine quella critica, che sottopone il passato al vaglio del presente, pronto a condannarlo.

Spinto dalla sua paura, l’uomo assume maschere stereotipate, vive nella finzione, perché lui, il più debole tra gli animali, non ha altra arma per difendersi.

Questi sono i motivi dell’uomo moderno; in realtà la maschera è sempre stata utilizzata, anche in passato, ed è per questo che Nietzsche prova a riscoprire le origini di ciò che meglio incarna la compiutezza e la perfezione del mondo greco, ovvero la tragedia classica di Eschilo, Sofocle ed Euripide, l’arte che meglio riesce ad incarnare la radice tragica, già scoperta da Schopenhauer, dell’esistenza.