il velo di Maya come maschera della realtà 

Fino ad ora si è parlato delle maschere dell’individuo e degli individui come folla.

Schopenhauer parla invece dell’inconoscibilità della realtà: mera apparenza celata-o mascherata- dietro il velo di Maya.

Arthur Schopenhauer nasce a Danzica il 22 febbraio 1788. Suo padre è un banchiere mentre sua madre è una scrittrice di romanzi. Dopo aver frequentato l’università di Gottinga, scrive nel 1818 Il mondo come volontà e rappresentazione. L’opera non ha successo fino al 1948, quando il pessimismo provocato dal fallimento delle rivoluzioni del periodo in Europa permette la comprensione dell’opera che è per l’appunto d’indirizzo cupo, pessimistico. Dopo un viaggio a Roma e a Napoli si abilita alla libera docenza presso l'Università di Berlino. L'epidemia di colera del 1832 lo costringe a lasciare Berlino per a Francoforte sul Meno dove rimane dino alla morta avvenuta il 21 settembre 1860.

Il tema della maschera, intesa come un velo di apparenza sulla realtà è di centrale importanza nella filosofia di Schopenhauer.

Ne Il mondo come volontà e rappresentazione il filosofo espone la concezione secondo cui la realtà fenomenica, ovvero il fenomeno è apparenza illusoria, rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza ed è composta da due aspetti essenziali e inseparabili: il soggetto rappresentante(ciò che tutto conosce senza essere conosciuto da alcuno) e l’oggetto rappresentato (ciò che viene conosciuto).

Il Fenomeno, definito da Schopenhauer velo di Maya, nasconde la realtà effettiva che viene identificata come Noumeno.

La nostra mente è costituita da una serie di forma a priori; “vetro sfaccettato attraverso cui la visione del mondo si deforma”: spazio, tempo e causalità. Queste tre forme a priori hanno una lettura fisiologica, la causalità è la categoria alla quale il filosofo riconduce la altre in quanto la realtà stessa dell’oggetto si risolve completamente nella sua azione causale su altri oggetti.


 

Schopenhauer afferma che travalicare il velo di Maya, passando così da Fenomeno a Noumeno, sia possibile: l'uomo stesso non è solo rappresentazione, ma è anche Cosa in sè (il corpo), cioè non solo ci vediamo dall'esterno, ma anche viviamo dall'interno. La via per conoscersi come Cosa in sè è lasciarsi vivere: lasciarsi andare e, intuitivamente, sentire in sè la vita. Con l'intuizione è dunque possibile, abbandonando il fenomeno, arrivare alla conoscenza dell'essenza del nostro Io, che è Volontà di vivere. Questa volontà è l'impulso alla sopravvivenza, quella spinta irresistibile che ci fa esistere: noi siamo, quindi, vita e Volontà di vivere, e il nostro corpo è la manifestazione esteriore dei nostri desideri interiori. Il mondo è, dunque, volontà e rappresentazione.

Al contempo tutto il mondo è investito dalla sofferenza: volere significa essere mancanti di qualcosa, perciò essere in uno stato di tensione. Quando un desiderio viene appagato sopraggiunge la noia, e il ciclo ricomincia, perchè per ogni brama sedata ne scaturiscono altre; il piacere inoltre, non è che temporanea e fugace cessazione di dolore, dunque funzionale e dipendente da esso. In conclusione Schopenhauer asserisce che la vita è un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia. Per questo motivo vede Dio come una creazione degli uomini al fine di "mascherare" questa crudele verità sul mondo.